Il progetto ha potuto essere avviato grazie al generoso e decisivo contributo delle seguenti associazioni, alle quali va un grande e sentito ringraziamento:
Associazione Amici dell’Archivio Donetta, Corzoneso (con un grazie particolare a Filippo Togni)
Società ortofrutticola, Corzoneso
Gruppo restauri Blenio, Aquila
Il progetto promosso dal Patriziato di Corzoneso vuole ripristinare e valorizzare un’area compresa fra San Remigio e Casserio, in territorio di Corzoneso abbandonata da decenni, ma che in passato ha rappresentato una risorsa importante per la popolazione locale.
Il progetto intende valorizzare l’area fra San Remigio e Casserio (mappa swisstopo.ch).
Lo spunto per il recupero di quest’area viene dalla ricerca toponomastica realizzata a partire dai primi anni del 2000: nomi di luogo quali Brüsáda, Trüsg dr’Èrla, Taiáda e Carbunér si rifanno all’utilizzo del territorio, in particolare per quanto riguarda lo sfruttamento del bosco.
Fra due stupende selve castanili secolari (a San Remigio a valle e Casserio a monte), la ricerca sul terreno ha permesso di ricreare la rete di sentieri grazie alla quale dal piano si raggiungevano i monti, come pure di ritrovare una decina di piazze dove venivano allestite le carbonaie.
Sono inoltre riconoscibili diversi canali naturali utilizzati per far scorrere il legname verso valle (fra i quali il Trüsg dr’Èrla) e alcuni canali per portare l’acqua ai campi e ai prati e i resti dell’acquedotto di San Remigio.
Sentieri, carbonaie, canali, selve castanili e punti di interesse su di una fotografia del 1924 (foto swisstopo.ch).
Una passeggiata di poche ore permette di toccare con mano l’intraprendenza dell’uomo nell’affrontare e superare le difficoltà legate a un paesaggio spesso ostile dove sopravvivere era tutt’altro che semplice.
L’itinerario parte da Sa Rumésc (San Remigio), una delle prime aree di Corzoneso abitate attestata già nel 1209 e spesso citata quale antica sede per la stesura di documenti, dove si trova la Gésa da Sa Rumésc, un oratorio in stile romanico la cui costruzione risale al XI o XII secolo. Poco più a sud, sul percorso verso Ludiano si trova il Munasté, l’ospizio di San Martino Viduale attestato nel 1272, gestito da monaci e retto da un priore fino al XVI secolo, dove fece le prime esperienze e ne fu anche rettore, il famoso cuoco Martino De Rossi originario di Torre che portò i suoi servigi fino alle cucine papali.
Il passaggio attraverso la selva castanile ai piedi della montagna presenta un canale di alcune centinaia di metri che portava l’acqua dalla Bálma, il riale che scende a sud di Cassí (Casserio), verso i campi e i prati di San Remigio. Vicino all’imbocco del canale si trova la presa dell’acquedotto che serviva il nucleo di San Remigio, verosimilmente costruito dopo la buzza del 1868.
Dopo aver attraversato la selva castanile e quelli che in passato erano dei ronchi (come confermano i toponimi Runch e Runchètt) a ridosso dei prati del fondovalle, il sentiero inizia a inerpicarsi verso il ripido pendio della Taiáda, con un alternarsi di tratti in leggera pendenza e altri più impegnativi, dove però uno stupendo bosco di castagni, tigli e abeti fa dimenticare la fatica. A scadenze regolari, ogni 150-200 metri, si incontrano le carbonaie o, più precisamente, le piazze dove venivano allestite le carbonaie, alcune delle quali in luoghi precisi definiti dalla toponomastica, come Sâss Quâdra, Suréca d Żúra, Piân Falchètt.
La salita più impegnativa si conclude alla partenza del Trüsg dr’Èrla, un canale naturale stretto e molto ripido che veniva usato per far scorrere il legname, poco prima di raggiungere il Piân Cambrṓv, stupendo pianoro con una straordinaria vista sulla media e alta valle di Blenio, che invita a una pausa rilassante e a un meritato rinfresco oppure a un esclusivo picnic.
Il Piân Cambrṓv in una foto probabilmente del secondo decennio del Novecento, poiché nella piana di Motto è visibile il tram inaugurato nel 1911 (foto RobertoDonetta.ch).
Dopo una meritata pausa e un imprendibile sguardo sulla valle, la passeggiata prevede a pochi metri di distanza, la visita al Sâss di Nóm, un grosso masso con incisi dei nomi, che richiede doti di arrampicata di base, e quindi, poco più, avanti il Sâss dra Madòna, una curiosa quanto imponente massa rocciosa, ripresa ripetutamente dal fotografo Roberto Donetta nei primi decenni del Novecento.
Il Sâss dra Madòna, un masso molto particolare fotografato a più riprese dal fotografo Roberto Donetta nei primi decenni del Novecento. Nel 2014, in occasione di una mostra sul paesaggio, l’area attorno al sasso è stata parzialmente disboscata con l’intento di ricreare, per quanto possibile, la situazione di inizio Novecento. Un (allora piccolo) abete è stato volutamente conservato, a ricordare e a raccontare i cento e più anni trascorsi dalla sua nascita (foto RobertoDonetta.ch).
Dopo la visita al Sâss di Nóm e al Sâss dra Madòna, il sentiero risale la montagna per un centinaio di metri e si congiunge con quello che da Cassí porta a Valá, sui monti di Ludiano.
A questo punto un’avventurosa escursione permette di raggiungere la Tána di Schiv, una profonda caverna accessibile attraverso un’entrata difficilmente visibile, stretta e piuttosto scomoda coperta da un grosso lastrone di sasso. Per raggiungere questo luogo particolare bisogna seguire il sentiero che porta a Valá per circa 150 m e quindi svoltare sulla destra per 50 metri salendo lungo quello che era il sentiero che da Sa Rumésc portava alla Múnda. Per chi avesse ancora la forza, proseguendo per alcune decine di metri verso Valà dal punto dove si svolta verso la Tána di Schiv, si possono trovare altre due carbonaie, una poco sopra il sentiero e l’altra proprio sul sentiero.
La Tána di Schív, profonda caverna sul sentiero che da Sa Rumésc portava alla Múnda, poco a monte dell’incrocio con l’attuale sentiero storico che da Cassí porta a Valá in territorio di Ludiano. Un grosso lastrone in sasso copre un’entrata stretta e scomoda, senza assolutamente lasciare immaginare le dimensioni della cavità, che riuscirà a sorprendere il visitatore che, a suo rischio e pericolo, vi si voglia avventurare. Nella foto la via d’accesso e la lastra in sasso sopra l’entrata (foto Claudio Bozzini).
Tornando sul sentiero verso Cassí, dopo aver percorso alcune decine di metri dalla deviazione per la Tána di Schiv, ci si ritrova davanti al Cablón, un ammasso di roccia di notevoli dimensioni, che da tempi immemorabili sembra stia cercando di ruotare e cadere verso il fondovalle. La conformazione particolare della roccia offre rifugio agli animali, come pure un eventuale e improvvisato riparo per chi voglia bivaccare nella zona. Va notato che il sentiero in passato passava a monte del Cablón seguendo una via più diretta e comoda rispetto al nuovo tracciato che privilegia il passaggio sul Piân Pígra, da dove si gode una spettacolare vista sul fondovalle.
Il Cablón, anche detto i Cètt du Cablón: impressionante roccia che offre rifugio agli animali, come pure un improvvisato un riparo per chi voglia bivaccare nella zona (foto RobertoDonetta.ch).
Oltrepassato il Cablón e a ridosso dello stesso verso valle, si arriva al Piân Pígra, un pianoro con una vista stupenda sull’abitato di Dongio. A pochi metri dal pianoro, cercando con un po’ di attenzione si può notare un buco nel terreno, con un’apertura che permette il passaggio di una persona. Con la prudenza necessaria, attraverso questo buco si accede alla Câ dra Crṓiscia, un’altra grotta da scoprire, per chi, a suo rischio e pericolo, abbia il desiderio di avventurarvisi.
La Câ dra Crṓiscia è stato per decenni un luogo di gioco frequentato dai bambini della zona. Analogamente a molti altri villaggi ticinesi, la crṓiscia rappresenta un personaggio leggendario, in questo caso una donna, malvisto dalla gente e spesso utilizzato per “far ubbidire” i bambini. Si racconta inoltre come qui, durante la Seconda guerra mondiale fossero state ritrovate diverse forme di formaggio, verosimilmente nascoste al razionamento dei prodotti alimentari imposto nel periodo bellico, delle quali non si è mai conosciuto il proprietario.
Lasciato il Piân Pígra e la Câ dra Crṓiscia, una stupenda selva castanile ci porta verso Cassí. Prima di iniziare la discesa verso valle, con una deviazione di alcune centinaia di metri è possibile visitare la Câ Rudúnda, sede dell’Archivio fotografico Roberto Donetta, fotografo di inizio Novecento di fama mondiale.
La Câ Rudúnda è un edificio di forma rotonda, atipico nel suo genere, risalente alla fine del 1700, in origine costruito per accogliere la scuola elementare di Casserio. Giuseppe Donetti, Canonico della Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, originario di Corzoneso, nel suo testamento del 30 ottobre 1818 fondò un Legato per dare ai ragazzi di Casserio una scuola. L’Amministratore del Legato nel 1855 scriveva: “… si aveva un bel fabbricato rotondo, con una scuola grande e ariosa, con una stanza della stessa ampiezza di sopra per abitazione del maestro o maestra…”. Quando per mancanza di allievi la scuola venne chiusa, la Câ Rudúnda futrasformata in casa d’abitazione dove Roberto Donetta passò l’ultimo periodo della sua vita (fonte RobertoDonetta.ch).
A questo punto inizia la ripida discesa verso Sa Rumésc, ma prima di concludere la passeggiata c’è ancora spazio per una pausa al Piân Bálma, un pianoro alla sommità dello spettacolare orrido formato dalla Bálma (il corso d’acqua che scende a sud di Cassí) sovrastante l’Ísula, il breve tratto pianeggiante sottostante il dirupo dove scorre il riale. Quindi, dopo aver incontrato un’ultima carbonaia, la discesa verso Sa Rumésc continua percorrendo al contrario parte del sentiero affrontato in salita all’inizio, con la possibilità di abbreviare il cammino seguendo due scorciatoie.